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Questa xé ea prima storia de storieviveevenete dea Federica che ne conta su Tuitter. #Storieviveevenete xé un’idea de Nicus Tarvisii. Aea fine trové ea tradusion

Ve conto na storia. 2009 più o meno. No iera ancora verta a A31 del deserto e pa vegner qua faseo tutta a Riviera Berica. De notte. Coea nebbia. Perché mo qua ghe vegneo 2 volte alla settimana. Dalle 19 alle 23. Proprio qua dentro.

Do volte a settimana. 4 ore + 2 andata e ritorno de strada. Nei anni boni qua iera el regno dei mobilifici. Roba spettacolare. Fatta a man. A tecnica dea foja d’oro xe nata qua. Mobili che parlavano. Che finiva in case prestigiose e borghesi.

No servia certificato de origine. A roba bea partiva da qua e ndava in tutto el mondo. Partiva dai picoi capannoni costruii dadrio casa, dove lavoro e vita se misciava tra baruffe e besteme e ndava ovunque. Imprese piccole e medie. Anca picoissime. Specializzate. Altamente.

Nel 2009 se parlava xa de filiera qua. Xa da prima iera un sistema imprenditoriale favoloso. Tutti faseva skei e tutti le reinvestiva qua. Tutti qua lavorava direttamente o indirettamente col mondo mobili.

Ognun però fasendose i cassi sui. Perché qua qualcun gavea sercà de metterli insieme in rete creando na specie de consorzio. Vanto dea politica veneta. Pa far veder che i gavea a cuore e aziende e che i savea e dinamiche internazionalizzazione.

Ma co te metti uno “a cui bisogna darghe na poltrona” a capo de un consorzio che no capisse un casso vien fora che fa interessi de quei che te paga sottobanco. No de tutti i partecipanti.

Per cui quel che dovea essere el grande consorzio del mobile CDS-CEREA e dintorni in poco tempo xe ndà a puttane e le grandi promesse trasformae in cocenti delusioni. E brutte paroe. Ansi besteme. Tante.

Imprenditori che se varda in cagnesco, tutti nemici. Quel che dovea unire par crescere ga diviso per distruggere. E dopo riva la grande crisi finanziaria. Se salva in pochi.

Perché? Perché qua come in altri posti del Veneto, ghe xe tanti che fa impresa ma pochi che xe imprenditori. Perché e dimension conta dio bello e se te si massa picoeo anca se te si brao xe el doppio pi fadiga.

Perché far impresa no significa sol produrre. Perché el nero messo via da na parte, frutto de sacrifici e besteme, prima o dopo finisse. Perché qua tutti se gà desmentegà de quel che ghe iera. Perché a cultura imprenditoriale qua come altrove xe mancà.

Perché na man ai imprenditori te ghea dà coi ga bisogno no sol in campagna elettorale. Perché i xe brutte bestie e no xe fassie averghe a che fare, perché i xe genuini e no ghe serve i inglesismi milanesizzati. Qua ghe iera da far par provar a SALVARE EL SALVABIE.

E invesse in tanti (legalmente e no) ghe ga visto ennesima vacca (nana cit) da monzare e anca durante a Grande Crisi ga magnà sora alle imprese. Invesse de darghe na man ga accellerà a morte.

In poco tempo qua el disastro. Pa fortuna xe zona de nebbia che sconde. In poco tempo ndata in mona una dee eccellenze venete. Un nostro vanto che LA POLITICA VENETA non ha voluto preservare e tutelare.

Perché de questi qua no ghe n’è pi ciavà un casso a nissun. Come de tante realtà venete. Prima bacino de voto, dopo grande rogna che no se sa da dove ciapar in man. E allora se ignora. Se se desmentega che esiste sto posto. Come tanti altri.

Qua no iera pi posto bon da piazzar qualcun so na carega. Qua i iera drio deventar poareti e cattivi. E povertà e cattiveria xe do brutte bestie combinae insieme.

E allora - come in altre situazioni- se assa che a Storia fassa el so corso e se se gira da chealtra parte.

Cossa vegnevo far mi qua ? Beh qua xe sta el me pi grande fallimento professionale. Da cui go imparà tante robe. Do volte a settimana per 4+4 ore me trovavo qua co un gruppetto de imprenditori. Ansi coi fioi zovani dei imprenditori del famoso distretto del mobile di CDS.

E voevimo provar a salvare el salvabile. Provar a no buttar tutto in vacca. Provando nonostante tutto e tutti a far ripartire un cuore che no dava pi segni de vita. Con do armi: formazione tecnica e rete. Rete impresa no gestia da politica e politicanti. Formazione perché e robe

Bisogna saverle e bisogna che qualcuno te le insegne. Qualcuno che le sa fare e le fa tutti i giorni. No che le blattera da na cattedra. E allora ogni “lezione” un aspetto tecnico del commercio internazionale, e ciama i amissi bravi e competenti so altri aspetti (banche,

Finanza aziendale, marketing, ecc) pa coltivar quel che qua iera nato e cresciuto e che desso ho respirava più.

Perché xe sta el me fallimento professionale? Perché go sol imbalsamà par ben le salme. Non so riussia salvarghene nessuna. Perché combattevo contro un nemico pi grande. Perché qua ierimo SOLI e ABBANDONATI. Da tutti.

Perché mi qua go visto imprenditori in lacrime portar i libri in tribunale. Perché mi da qua go visto imprenditori co na corda al collo. Perché mi da qua go visto come aea politica no ghe ne ciava un casso dea realtà coe robe va mal.

Ma qua go imparà tante robe. E se dovesse riciapar in man n’altra sfida professionale e personale ripartiria da qua. Quea personale nel capannon dove vo desso. Queo del 007 Marcantonio Bragadin.

Tradusion

Vi racconto una storia. 2009 più o meno. Non c’era ancora la desertica A31 e per venire qui (Casale di Scodosia) facevo tutta la Riviera Berica. Di notte. Con la nebbia. Perché qui ci venivo due volte alla settimana. Dalle 19 alle 23. Proprio qui dentro

Due volte alla settimana. 4 ore più 2 di viaggio andata e ritorno. Negli anni buoni qui era il regno dei mobilifici. Cose spettacolari. Fatte a mano. La tecnica a foglia oro è nata qui. Mobili che parlavano. Che finivano in case prestigiose di borghesi.

Non serviva il certificato d’origine. Le cose belle partivano da qui e andavano in tutto il mondo. Partivano dai piccoli capannoni costruiti dietro casa, dove lavoro e vita si mischiavano tra litigate e bestemmie, e andavano ovunque. Imprese piccole e medie. Anche piccolissime. Specializzate. Altamente specializzate.

Nel 2009 qui si parlava già di filiera. Già da prima era un sistema imprenditoriale favoloso. Tutti facevano schei e tutti li reinvestivano qui. Tutti lavoravano direttamente o indirettamente con il mondo dei mobilifici.

Ognuno però facendosi i cazzi suoi. Perché qui qualcuno aveva cercato di metterli insieme in una rete, creando una specie di consorzio. Orgoglio della politica veneta. Per far vedere che avevano a cuore le aziende e che sapevano le dinamiche internazionali.

Ma quando metti uno “a cui bisogna dare una poltrona” a capo di un consorzio, che non capisce nulla, viene fuori che fa gli interesse di quelli che lo pagano sottobanco. Non di tutti i partecipanti.

Perciò, quello che doveva essere il grande consorzio del mobile CDS-CEREA e dintorni, in poco tempo è andato in malora e le grandi promesse trasformate in cocenti delusioni. E brutte parole. Anzi bestemmie. Tante.

Imprenditori che si guardavano male, tutti nemici. Quello che doveva unire per crescere, ha diviso per distruggere. E dopo è arrivata la crisi finanziaria. Si salvano in pochi.

Perché? Perché qui, come in altri posti del Veneto, ci sono tanti che fanno impresa ma pochi che sono imprenditori. Perché le dimensioni contano, per dio, e se sei troppo piccolo anche se bravo, fai il doppio di fatica.

Perché far impresa non significa solo produrre. Perché il guadagno evaso messo da parte, frutto di sacrifici e bestemmie, prima o poi finisce. Perché qui tutti si sono dimenticati di chi erano prima. Perché la cultura imprenditoriale, qua come altrove, è mancata.

Perché una mano agli imprenditori gliela dai quando hanno bisogno, non solo in campagna elettorale. Perché sono brutte bestie e non è facile averci a che fare, perché sono genuini e non gli servono inglesismi milanesizzati. Qui era da provare a SALVARE IL SALVABILE.

E invece in tanti (legalmente e non) ci avevano visto l’ennesima vacca (nana cit.) da mungere e anche durante la Grande Crisi hanno mangiato alle spalle delle imprese. Invece di dargli una mano ne hanno accelerato la morte.

In poco tempo qui il disastro. per fortuna è una zona di nebbia che nasconde. In poco tempo è andata in malora una delle eccellenze venete. Un nostro orgoglio che la POLITICA VENETA non ha voluto preservare e tutelare.

Perché di questi qua non ci capiva un cazzo nessuno. Come di tante realtà venete. Prima bacino elettorale, dopo una grande problematica che non si sapeva da dove iniziare. E allora si ignora. Ci si dimentica che esista questo posto. Come tanti altri.

Qui non era più un posto buono da piazzare qualcuno su una poltrona. Qui stavano diventando poveri e cattivi. E povertà e cattiveria sono due brutte bestie messe assieme.

E allora - come in altre situazioni - se lascia che la Storia faccia il suo corso e ci si gira dall’altra parte.

Cosa vengo a fare io qui? Beh qui ci sta il mio più grande fallimento professionale. Da cui ho imparato tante cose. Due volte alla settimana per 4+4 ore mi trovavo con un gruppetto di imprenditori. Anzi, con i figli giovani degli imprenditori del famoso distretto del mobile CDS.

E volevamo provare a salvare il salvabile. Provare a non buttare tutto in malora. Provando nonostante tutto e tutti a far ripartire un cuore con dava più segni di vita. Con due armi: formazione tecnica e relazioni. Rete d’impresa non gestita dalla politica e politicanti. Formazione perché le cose bisogna saperle e bisogna che qualcuno te le insegni. Qualcuno che le sa fare e le fa tutti i giorni. Non che sproloquia da una cattedra. E allora ogni “lezione” un aspetto tecnico del commercio internazionale, e chiamano gli amici bravi e competenti su altri settori (banche, finanza aziendale, marketing…), per coltivare quello che qui era nato e cresciuto e che adesso non respirava più.

Perché è stato il mio fallimento professionale? Perché ho solo imbalsamato per bene le salme. Non sono riuscita a salvarne nessuna. perché combattevo contro un nemico più grande. Perché qui eravamo SOLI e ABBANDONATI. Da tutti.

Perché io qui ho visto imprenditori in lacrime portare i libri in tribunale. Perché io da qui ho visto imprenditori con una corda al collo. Perché io da qui ho visto come alla politica non frega nulla quando le cose vanno male.

Ma qui ho imparato tante cose. E se dovessi riprendere un’altra sfida professionale e personale, ripartirei da qui. Quella personale nel capannone dove vado adesso. Quello del 007 Marcantonio Bragadin